Cacciato l'ultimo re, Tarquinio il Superbo, la monarchia
venne sostituita da un govemo repubblicano a carattere aristocratico. In quel
periodo, per alcuni anni, Roma dovette combattere contro Porsenna e contro le
popolazioni latine preoccupate della sua ascesa.
All'interno, il nuovo ordinamento provocò dei contrasti tra le
due principali classi sociali, i patrizi e i plebei. Infatti, nonostante i vari
poteri, legislativo, esecutivo, giudiziario e militare, fossero affidati a magistrature
diverse, erano comunque nelle mani di pochi ciffadini patrizi, mentre tutti
i plebei ne erano esclusi. Le lotte tra patrizi e plebei si susseguirono
per parecchi anni, fino a quando i plebei ottennero alcune concessioni: I'accesso
al consolato, il tribunato, I'emanazione di leggi scritte, la cancellazione
del divieto di matrimoni misti.
Nel frattempo, I'esercito romano, dopo aver combattuto l'invasione
dei Galli a nord, si preparò a nuove conquiste nell'ltalia meridionale, sconfiggendo
i Sanniti, occupando Taranto e la Magna Grecia.
Dalla Monarchia alla repubblica
Secondo la leggenda, Tarquinio il Superbo fu cacciato dalla
rivolta del nobile Collatino, la cui moglie era stata oltraggiata da Sesto,
figlio del re. In realtà le ragioni erano più profonde: Roma stava crescendo
e il re non riusciva ad attendere a tutti gli impegni; il suo governo si era
fatto dispotico e i patrizi avevano perso il loro potere politico. Tutto ciò
fu motivo di ribellione. Il potere venne affidato a due consoli, Bruto
e Collatino (509 a.C.).
Le prime guerre repubblicane
Le città latine, preoccupate del rafforzamento di Roma, la affrontarono
federate nella Lega latina, nel 496 a.C. uscendo sconfitte. Nei 493 a.C. il
console Spurio Cassio firmò con queste città il Foedus Cassianum,
un'alleanza di tipo difensivo. Altre guerre furono combattute (fino al 430 a.C.)
contro Volsci ed Equi; di Volsci ed Equi; di esse rimasero nella
leggenda le gesta di Coriolano, che passò dalla parte dei Volsci ma poi
si ritirò andando incontro alla morte, e di Cincinnato, che ritornò all'attività
di agricoltore dopo aver sconfitto valorosamente i Volsci, senza pretendere
alcun tributo di ringraziamento. Motivi economici spinsero Roma alla guerra
contro la città etrusca di Veio che, dopo un lungo assedio, fu espugnata
da Furio Camillo nel 396 a.C
L'ordinamento repubblicano
Le maggiori cariche della Repubblica romana, delineatasi tra il
V e il IV sec. a.C., erano di carattere elettivo, venivano rinnovate periodicamente,
erano un servizio prestato gratuitamente ed erano collegiali, cioè vi erano
almeno due magistrati per ogni carica. I due consoli, che restavano in carica
un anno, comandavano l'esercito, convocavano il senato e i comizi, e giudicavano
i reati più gravi. Parte dei compiti dei consoli venne in seguito affidata ai
questori che si occupavano della finanza.
Nei momenti di grande pericolo per lo stato, poteva essere nominato
un dittatore che, in carica per sei mesi, sostituiva i consoli. Altri magistrati
erano i pretori, in origine comandanti delle truppe fornite dalle tre tribù
dei Ramnii, Tizii e Luceri e poi amministratori di funzioni giudiziarie,
e i censori (dal 443 a.C.) che rimanevano in carica diciotto mesi, ogni cinque
anni, con l'incarico di compilare le liste del censo e dei senatori, in seguito,
di vigilare sulla condotta morale dei cittadini.
Il senato era composto da coloro che avevano già esercitato una
delle magistrature superiori. Aveva un potere di tipo consultivo ma di fatto
divenne l'organo più importante in quanto doveva approvare le proposte di legge,
controllare le finanze, deliberare sulla guerra e sulla pace, concedere la cittadinanza
e l'autonomia a città e popolazioni e istituire le province.
I comizi curiati e centuriati costituivano le assemblee popolari.
I primi, già esistenti nell'età dei re, conservarono il solo compito di conferire
la formale investitura sacrale ai magistrati. I secondi eleggevano consoli e
magistrati, approvavano le proposte del senato ed esercitavano funzioni giudiziarie.
La popolazione fu divisa in 193 centurie, ognuna portatrice di un voto; le prime
98 erano costituite dai cittadini più ricchi (anche plebei) che così avevano
la maggioranza.
Il contrasto tra patrizi e plebei
Fin dai primi anni della Repubblica si diffuse il malcontento
tra i plebei costretti al servizio militare senza ricevere il ricavato dei bottini,
esclusi dall'accesso alle magistrature e dal matrimonio con i patrizi.
La prima forma di protesta fu attuata nel 494 a.C. quando, ritiratisi
sul Monte Sacro o, secondo un'altra tradizione sull'Aventino, decisero di non
lavorare e di non combattere. Il patrizio Menenio Agrippa riuscì a convincerli
a tornare, promettendo delle riforme in loro favore.
I plebei ottennero così l'istituzione dei tribuni della plebe,
che difendevano i loro interessi e avevano diritto di veto sulle decisioni dei
magistrati e dell'assemblea, e dell'edilità, una magistratura in cui due rappresentanti
plebei (edili), affiancando i tribuni, curavano gli interessi della plebe.
Nel 451-450, alcuni patrizi, riuniti nel collegio dei decemviri,
redassero un corpo scritto di leggi penali e civili, la Legge delle XII tavole,
con cui i plebei ottenevano diritti pari ai patrizi. La lotta continuò e i plebei
ottennero l'abolizione del divieto dei matrimoni misti (445 a.C.), l'accesso
alla questura (421 a.C.), al consolato (leggi Licinie Sestie, 367 a.C.)
e ai collegi sacerdotali (300a.C.), e il riconoscimento giuridico delle assemblee
della plebe, dette comizi tributi (287 a.C., legge Ortensia) le cui deliberazioni
(plebisciti) erano vincolanti per tutto il popolo. |