Pratica comune nella cucina romana era quella di mascherare il sapore di una pietanza, soprattutto se non fresca, non potendo conservare a lungo i cibi. Molti utilizzate erano quindi salse composte con ingredienti che avevano poco a che vedere con il piatto, a base di frutta spiaccicata.
Fra tutte le salse la più usata era il garum o liquamen, ottenuto dalla macerazione sotto sale di interiora di pesce con olio, vino, aceto e pepe.
Si lasciata a riposo per una notte in un recipiente di terracotta e messa all'aperto, al sole, per due o tre mesi, rimescolata ogni tanto in modo da farla fermentare. Quando la parte acquosa evaporava, il composto veniva filtrato e si otteneva il garum dalla parte liquida e l'allec dal resto.
Il garum doveva avere un odore ed un sapore nauseabondo, come confermato da Marziale nei suoi Epigrammi descrivendo Papilo.
Il garum aveva un aspetto dorato, veniva conservato in anfore e importato via mare, quello migliore giungeva dalla Spagna.
Nella Provincia Italica il miglior garum era prodotto a Pompei dall'officina degli Ombricii.
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