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ARS MILITARIS

--- la disciplina militare romana ---



SCHIERAMENTO DELLA LEGIONE IN BATTAGLIA


"Roma non aveva un'esercito, Roma era un esercito".
Con questa frase il sociologo americano Talcott Parsons riassume in maniera eccellente quale fosse l'importanza dell'Ars Bellicae per i romani. L'organizzazione della battaglia e dello schieramento delle Legioni sul campo era studiato nei minimi dettagli per evitare al massimo le perdite fra gli uomini. Per ogni Legione era concessa una perdita massima di 250 uomini all'anno, poiché questa era la capacità di reclutamento che permetteva l'Impero. Per questa istituzione quindi le tecniche di combattimento e le manovre sul terreno erano studiate con pignoleria estrema dai Generali.
Le centurie si riunivano in manipoli e l'insieme di questi formava la legio, cioé l'unità fondamentale per condurre una guerra.


Lo schieramento della Legione sul campo di battaglia era cosi' suddiviso:
in prima linea vi erano gli astati (dalla parola hasta, lancia, arma successivamente rimpiazzata dal Pilum, un giavellotto più leggero, facile da lanciare e con la particolarità d'avere una punta in ferro tenero che si piegava dopo il primo lancio in da non poter essere utilizzato dai nemici);

in seconda linea vi erano disposti i soldati più anziani e meglio addestrati, i principi (primi, principali);

nella terza stavano piegati a terra i triari, i veterani di riserva.


Durante la battaglia, i veliti (leggi véliti), fanti con armi molto leggere e disposti in modo casuale davanti alla Legione, attaccavano con armi da lancio (fionde e dardi) e lasciavano poi il posto alla fanteria pesante. Toccava per primi agli astati affrontare l'urto corpo a corpo con l'esercito avversario. Se il nemico opponeva resistenza oppure la pressione era troppo forte, i manipoli dei principi, avanzavano disponendosi negli intervalli tra le file degli astati, formando cosi' una linea continua. Se la lotta continuava con esito incerto, avanzavano in ultimo i triari, più forti e sperimentati.


Alla fine del II secolo a.c, quando i Romani dovettero affrontare delle masse compatte e sterminate di barbari, il Console Caio Mario, riformò l'ordinamento delle Legioni. Dalle 2 legioni che costituivano di regola l'esercito consolare romano, si passò a 4 legioni (2 per ogni console) durante la guerra sannitica e che rimase il numero usuale dell'esercito. Solo nella guerra contro Annibale il numero di legioni salì eccezionalmente a 23.
Caio abolì il vecchio sistema di reclutamento in base al censo (il reddito minimo necessario per arruolarsi) e arruolò tutti i cittadini romani volontari (anche italiaci) con le qualità fisiche necessarie. Da questo momento l'esercito divenne un mestiere.
Le Legioni furono rinforzate e disposte su due file, formate dalle coorti (cohors al singolare) e non più di Manipoli, anch'esse schierate a scacchiera ma composte ciascuna di 600 uomini. Ogni chortes era il risultato dell'unione di tre manipoli, di hastati, principes, triarii, ognuna delle quali apportava 200 uomini. La legione venne divisa in 10 coorti numerate da I a X e i soldati impiegati salirono a 6000.






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