Libro primo, paragrafo
decimo.
Paragrafo ch'è ulteriore visuale d'approfondimento
e di conferma, stavolta sul versante dei "rapporti di potere"
tra ragione e passione [X,1]: un rapporto di tirannide, a senso
unico ed esclusivo [X,2].
Vane, allora, sono le pretese di misura della ratio sull'affectus:
anzi, una ragione affetta dal vizio viene a coincidere e consistere
col vizio stesso [X,3], in una condizione di continua insicurezza
ed inquietudine [X,2]. E anche qualora il controllo sortisse effetto,
la passione non cesserebbe d'essere un male, per quanto temperato
[X,4].
X,1 Per tali motivi, la ragione non si varrà
mai dell'ausilio di impulsi incontrollati e violenti, sui quali
le riuscirebbe impossibile esercitare misura e censura, se non opponendo
loro impulsi di equivalente forza e ferocia, come la paura all'ira,
l'ira all'indolenza o il desiderio al timore.
X,2 Che la ragione trovi appannaggio
nel vizio: è un'eventualità nefasta, questa, che la
virtù deve mantenere da sé lontana. Un animo siffatto
non è in grado di dormire sonni tranquilli; tutt'altro: chi
si sente protetto dalle sue malvagie disposizioni, chi basa la propria
forza esclusivamente sull'ira, il proprio zelo sul desiderio, il
proprio benessere sul timore che infonde, ebbene costui necessariamente
vive un'esistenza precaria e tormentata. Chi scivola sotto l'influenza
di qualsivoglia passione è come se vivesse sotto un regime
tirannico, e non c'è verso. E non è cosa vergognosa
la piaggeria della virtù verso il vizio?
X,3 Inoltre, la ragione perde
ogni sua influenza ed efficacia, qualora fondi la propria iniziativa
esclusivamente sulla passione: a quest'ultima comincia a somigliare.
Che differenza, infatti, intercorre tra una passione incontrollata
e irrazionale e una ragione che risulti impotente senza passione?
La simbiosi tra i due elementi comporta assimilazione. Ma, in realtà,
chi oserebbe davvero porre sullo stesso piano ragione e passione?
X,4 "Ma sì - qualcuno
ammette - la passione è utile, se ben dosata". Eh no!
Dovrebb'essere piuttosto un'utilità spontanea, senza restrizioni.
La passione se è insofferente al controllo della ragione,
col frenarla si sortirebbe solo l'effetto di diminuirne la portata
nociva.
Perché una passione temperata è pur sempre un male,
per quanto temperato.
26 settembre 2002 - Trad.
Bukowski
1.
Ideo numquam adsumet ratio in adiutorium inprouidos et uiolentos
impetus apud quos nihil ipsa auctoritatis habeat, quos numquam
comprimere possit nisi pares illis similisque opposuerit, ut irae
metum, inertiae iram, timori cupiditatem.
2. Absit hoc a uirtute malum, ut umquam ratio ad uitia confugiat!
Non potest hic animus fidele otium capere, quatiatur necesse est
fluctueturque, qui malis suis tutus est, qui fortis esse nisi
irascitur non potest, industrius nisi cupit, quietus nisi timet:
in tyrannide illi uiuendum est in alicuius adfectus uenienti seruitutem.
Non pudet uirtutes in clientelam uitiorum demittere?
3. Deinde desinit quicquam posse ratio, si nihil potest sine adfectu,
et incipit par illi similisque esse. Quid enim interest, si aeque
adfectus inconsulta res est sine ratione quam ratio sine adfectu
inefficax? Par utrumque est, ubi esse alterum sine altero non
potest. Quis autem sustineat adfectum exaequare rationi?
4. 'Ita' inquit 'utilis adfectus est, si modicus est.' Immo si
natura utilis est. Sed si inpatiens imperii rationisque est, hoc
dumtaxat moderatione consequetur, ut quo minor fuerit minus noceat;
ergo modicus adfectus nihil aliud quam malum modicum est.