Vita, opere e considerazioni.
Introdotto, grazie all'influenza dello zio Ennio,
negli ambienti filoellenici di Roma, in particolare nel "circolo
degli Scipioni", P. sembra che abbia imitato più Sofocle
che Euripide, forse sotto l'influsso dei suoi amici romani, il cui
gusto si volgeva verso il classicismo attico. Ecco i titoli delle
sue fabulae cothurnatae (cioè, tragedie d'ambientazione
greca) che ci sono stati tramandati: "Antiopa", "Armorum
iudicium" (la contesa tra Aiace e Ulisse per le armi di Achille),
"Atalanta", "Chryses", "Dulorestes" ("L'Oreste
schiavo"), "Hermiona", "Iliona", "Medus" (storia
del figlio di Medea, avuto da Egeo, re di Atene), "Niptra"
("Il bagno" in cui - si narrava - Telègono, figlio di Ulisse,
aveva involontariamente ucciso il padre). Sua è anche una
praetexta (tragedia cioè d'ambientazione romana),
"Paulus", allestita forse in occasione del trionfo di Paolo
Emilio su Perseo (160 a.C.). Fu anche autore di "Saturae",
in vario metro, purtroppo perdute.
Nella serie dei giudizi tradizionali dati al tempo
di Orazio sugli antichi tragici romani, P. passava per un "vecchio
sapiente": forse per il fatto che si era sforzato di rinnovare le
ispirazioni del suo teatro, ricorrendo a modelli meno ritriti. In
ogni caso, le sue opere riscossero un successo notevole, vennero
riprese ancora molto tempo dopo la sua morte, e persino il pubblico
popolare ne conosceva a memoria lunghi brani. I frammenti (450 ca)
abbastanza lunghi che ce ne fa conoscere Cicerone lasciano intravedere,
in P., un grande vigore di stile, un senso del patetico moderato
dalla preoccupazione per la dignità che conviene agli eroi,
un senso tutto romano della "virtus", una conseguente spiccata
sentenziosità, una certa predilezione per il macabro (che
ne fanno una sorta di precursore di Seneca). Di conseguenza, lo
stesso linguaggio è volentieri solenne, pensoso e magniloquente,
spesso contraddistinto da parole strane, forme insolite, conii artificiosi.
...:::Bukowski:::...
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