Celebre oratore a Roma sotto l'imperatore Adriano,
fu nominato console da Antonino Pio (143). Le opere che ci sono
pervenute furono ritrovate nel 1815 dal cardinale Angelo Mai in
un palinsesto del monastero di Bobbio.
Esse comprendono: un ricco "Epistolario"
(a Marco Aurelio, suo discepolo "infedele", e ad altri personaggi),
l' "Arion" (sulla favola di Arione e del delfino), gli scherzi
sofistici "Laus fumi et pulveris" e "Laus neglegentiae"
(interessanti esempi di oratoria fittizia, ulteriore esempio della
decadenza di questo genere), i "Principia historiae" (nei
quali F. espone appunto le sue idee sulla storiografia) e, infine,
un'opera sulla guerra partica di Lucio Vero. Con Apuleio
e Gellio, F. è uno dei principali esponenti del gusto arcaicizzante
ed antipuristico dell'età antonina: il nucleo centrale del
suo pensiero, nella fattispecie, era lo studio della parola, la
ricerca del vocabolo preciso ed adatto allo scopo (ch'è quello,
poi, di colpire e soddisfare un esigente uditorio) e dell'eleganza
stilistica; studio e ricerca suffragati da un'assidua frequentazione
dei testi, in particolare appunto arcaici, esempi insuperati - secondo
il nostro autore - della vera e genuina cultura letteraria latina.
...:::Bukowski:::...
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