Nell’età dei rètori e dell’erudizione
trionfante, la poesia sembra aver perso ormai ogni centralità
culturale, o addirittura la definizione del proprio genere: essa
emerge più che altro come un raffinato hobby delle classi
elevate.
Si continua, invece, a praticare un genere di poesia
minore e mistiforme, una sorta di via secondaria della poesia latina,
con una sua continuità, cui appartengono i "poetae novelli",
un vero e proprio "movimento", del sec. II, fiorito all’epoca di
Adriano (egli stesso è pregevole verificatore, di gusto decadente).
Al gruppo appartengono:
- Terenziano Mauro, "teorico" del gruppo,
cui ha assegnato la definizione. E’ autore di un elaborato trattato
di metrica – "De litteris syllabis et metri Horatii" – giuntoci
solo in parte, in cui tra l’altro espone la tesi della scuola
"derivazionistica" (e cioè: tutti i metri greci e latini
non sarebbero altro che modificazioni di due strutture metriche
fondamentali: l’esametro e il trimetro giambico).
- Ammiano, autore dei "Carmina fallisca"
(dal metro anomalo "falisco") e anche dei misteriosi "Fescennini".
- Alfio Avito, che poetò sugli
uomini illustri della storia di Roma.
- Un certo Mariano, che compose dei
"Lupercalia".
- Settimio Severo, che cantò
temi rurali e pastorali.
Il nuovo stile puntava a costruire moduli preziosi,
e quasi lambiccanti, su temi semplici e anche futili, riducendo
lo spessore dei sentimenti e dei concetti. Comune è lo sperimentalismo
metrico: si escogitano forme nuove (ad es., il già citato
"falisco"), oppure, sempre in segno di rottura rispetto ai grandi
classici, si cantano temi tradizionali su metri inattesi e apparentemente
impropri (abbiamo addirittura forme di metrica figurata).
Concorrevano a formare il loro gusto la tendenza
arcaicizzante dell’età adrianea, i modi dei "neoteroi" previrgiliani
e la poesia greca contemporanea.
...:::Bukowski:::...
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